Vi siete mai domandate da dove nascano ansia e insicurezza? Come mai nella vostra vita vi siate trovate a dover convivere con l’ansia o ad avere difficoltà ogni qual volta dobbiate prendere una decisione? La risposta, purtroppo non è semplice e riassumerla in un articolo neanche. Tuttavia possiamo provare ad individuare almeno un paio dei numerosi fattori che spesso sono all’origine di comportamenti ansiosi o insicuri. Ed è per questo che voglio parlare del dare fiducia: probabilmente il regalo più grande che possiamo fare ai nostri figli. Maria Montessori diceva: “Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo”. A volte, ciò che mina alla base la fiducia in se stessi è proprio l’eccesso di protezione che un genitore manifesta verso un figlio. Corro il rischio di diventare impopolare affermando quanto appena scritto ma come dice anche Bilbao, un genitore troppo protettivo che accorre se vede che il figlio sta per inciampare o che interviene perché ritiene che con un piccolo aiuto la situazione potrebbe migliorare, trasmette al figlio l’idea che non possa farcela da solo. La fiducia ha una componente genetica -rappresentata dal cromosoma 17- e questo vuol dire che un bambino nasce più o meno predisposto ad avere fiducia in se stesso. Ci sono bambini che fin da piccoli si propongono come organizzatori di squadre o di giochi e bambini che a mala pena riescono ad alzare la mano per parlare. Ma, a prescindere dalla predisposizione genetica, possiamo dire che qualsiasi bambino in circostanze favorevoli riesce ad acquisire fiducia in se stesso: se manca chi organizza la squadra, c’è sempre qualcun altro che la organizza al suo posto; se il fratello maggiore non c’è, il più piccolo diventa più responsabile.Chiunque può acquisire fiducia se stimolato nel modo corretto. Ed è qui che il comportamento del genitore può fare la differenza. Ipotizziamo per esempio che nostro figlio abbia iniziato a camminare da pochi mesi e che cerchi di arrampicarsi su una panchina o un gradino non molto alto (la mia lo fa!): possiamo intervenire gridando in modo spaventato e precipitandoci verso di lui; possiamo intervenire senza gridare ma bloccando il comportamento del bambino; oppure possiamo provare a rimanere tranquilli (so che non è facile, anche io non sempre ci riesco!) dopo aver valutato che al massimo potrebbe rischiare una piccola caduta. Nel primo e nel secondo caso trasmetteremo al bambino l’idea che il mondo è un posto pericoloso e che lui non può farcela senza di noi. In particolare ciò che si attiva quando interveniamo gridando spaventati è l’amigdala: l’amigdala è una delle strutture più importanti del cervello emotivo. Senza dilungarmi troppo, vi dirò che il cervello emotivo è la parte del cervello che sta tra il cervello rettiliano e il cervello razionale. Il cervello rettiliano è responsabile dei nostri istinti di sopravvivenza come mangiare, dormire e respirare. Il cervello emotivo è il cervello delle emozioni sgradevoli e gradevoli che ci spinge a stare con le persone che ci danno affetto o ad allontanarci da un pericolo. Il cervello razionale è quello che ci distingue dagli animali ed è responsabile del ragionamento, dell’aver coscienza, del metterci nei panni degli altri o della comunicazione: qui risiede il lobo frontale. L’amigdala quindi (che è nel cervello emotivo) funziona come un allarme che si attiva ogni volta che il nostro cervello percepisce una situazione pericolosa. In particolare, ogni volta che ci troviamo di fronte ad una situazione potenzialmente pericolosa l’amigdala lotta con il lobo frontale per avere il controllo. Se vince l’amigdala ci sentiremo spaventati, se vince il lobo frontale ci sentiremo in grado di fronteggiare la situazione. Se interveniamo tutte le volte che nostro figlio ha preso una decisione, che discute con un amico, che rischia una piccola caduta o uno spavento, che interagisce con altri adulti, l’amigdala si attiverà mandando un segnale di pericolo e il bambino di fronte ad una novità o ad una sfida, si nasconderà dietro il genitore o eviterà di affrontare la situazione. Preoccuparsi continuamente della sua salute, del suo benessere o della sua sicurezza può trasmettere al bambino due idee: la prima è che il mondo sia un posto pericoloso e che debba sempre chiedere aiuto a mamma o papà; la seconda è che solo mamma e papà possono aiutarlo a controllare la paura. Una volta adulto potrebbe sviluppare ansia di fronte ad ogni cambiamento o imprevisto oppure aver bisogno di essere continuamente rassicurato dal proprio partner o dai propri familiari. Se invece proveremo a dargli fiducia e a rimanere tranquilli ci accorgeremo che nella maggior parte dei casi nostro figlio se la cava benissimo da solo! Dare fiducia gli permetterà di dire a se stesso “ho paura ma la controllo e posso farcela”. Infine la fiducia si costruisce attraverso i messaggi positivi e il dare responsabilità ma di questo parleremo nel prossimo articolo! Per ora ricordiamoci che un buon livello di autostima si basa su un buon livello di fiducia: diamo fiducia a nostro figlio e ci ritroveremo un adulto che sa star bene con se stesso e con gli altri, che sa prendere delle decisioni e sa godersi la vita perché è sicuro di raggiungere gli obiettivi desiderati.
Author: Linda Intreccialagli
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale